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OMELIA DELLA VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

OMELIA DELLA VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

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このコンテンツについて

La riflessione di questa domenica si concentra sul discorso d'addio di Gesù in Gv 14,23-29, sviluppando un'interpretazione che trasforma le promesse evangeliche in una chiamata existenziale radicale. L'omelia esplora il tema dell'inabitazione trinitaria ("noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui") come realtà presente e trasformante, non come promessa escatologica lontana. L'analisi esegetica si sofferma sulla condizione posta da Gesù per questa presenza divina: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola", interpretando questo "amore" non come sentimento volatile ma come obbedienza esistenziale che uccide l'egoismo e trasforma radicalmente l'esistenza. La Parola viene presentata non come codice morale esterno ma come forza vitale che penetra e ridefinisce l'identità del credente. Particolare attenzione è dedicata alla figura del Paraclito, interpretato non come consolatore passivo ma come "fuoco di Dio" che brucia dentro il credente, "respiro dell'Infinito" che opera concretamente nella storia personale attraverso ispirazioni, spinte morali e momenti di pace inattesa. Questa pneumatologia si contrappone all'ateismo pratico di chi vive affidandosi solo alle proprie forze. La pace di Cristo viene distinta dalla "pace del mondo" in termini fortemente dialettici: mentre quest'ultima è definita come "narcotico" che ottunde la coscienza, la pace cristiana è presentata come forza che permette di affrontare l'abisso dell'esistenza con serenità, fondata sulla certezza dell'eternità dell'amore. Il discorso culmina in una serie di interpellazioni dirette ai fedeli, trasformando l'omelia in confessionale collettivo e direzione spirituale personalizzata. Questa tecnica retorica attualizza il messaggio evangelico, rendendo ogni ascoltatore protagonista diretto della narrazione salvifica. La conclusione riprende il tema giovanneo del "nuovo comandamento" dell'amore, declinandolo in termini di testimonianza concreta: perdonare l'imperdonabile, amare chi non è amabile, essere "portatori di fuoco" e "testimoni dell'impossibile". La dimensione mariana finale inserisce la riflessione nel contesto liturgico locale, proponendo gli occhi di Maria come paradigma dello sguardo cristiano che "vede Dio in ogni volto" e riconosce che "tutto è grazia".

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