La ventitreesima video-lezione di "Donne e Pensiero Politico" è dedicata a Judith Butler (1956-), senza dubbio una delle figure intellettuali più contestate, controverse e fraintese del panorama filosofico contemporaneo. Grazie al suo scritto più noto, "Questione di genere" (1990), e alla sua serrata critica anti-identitaria, sin dai primi anni Novanta del Novecento è entrata stabilmente a far parte dello "star system" del femminismo americano. Il suo percorso intellettuale, segnato da un certo eclettismo, si contraddistingue soprattutto per il fatto che, ai suoi occhi, fare filosofia significa farlo in modo politicamente impegnato. A lei dobbiamo infatti la teoria della "performatività del genere", secondo la quale il genere che "marchia i corpi" diviene tale solo grazie alla ripetizione continua, quasi rituale, di atti che finiscono per ingenerare una conformità di comportamento. In altre parole, non si nasce "donne" o "uomini", ma lo si diventa, a seconda delle pressioni che il contesto sociale esercita su ciascuno di noi e delle norme alle quali ciascuno di noi deve adeguarsi. Il genere, secondo Butler, è dunque performato e non attiene all’identità. A suo giudizio restano tuttavia degli spazi residuali, cioè quelli occupati dalle minoranze sessuali, che performano il genere secondo modalità trasgressive e che, così facendo, concorrono non solo a contestare la norma, ma anche a riformularla. Sulla base di tutto ciò è evidente come, nel caso di Butler, la riflessione filosofica finisca per sposare l’impegno in favore dei diritti civili e particolarmente quelli in favore della comunità LGBT+. Sarebbe nondimeno ingeneroso ricondurre l’opera di Butler al solo ambito del femminismo e della "teoria queer". Mettendo al centro della sua riflessione temi come la corporeità, la vulnerabilità e la precarietà, ciò che in realtà sta più a cuore a Butler è la ridefinizione del soggetto come "soggetto in relazione", in netto contrasto con la tradizione liberale del soggetto individuale pienamente autonomo. Da qui l’idea che "l’umano non stia in piedi da solo" e che prenderne consapevolezza costituisca la premessa fondamentale da cui partire per rivendicare maggiore giustizia sociale. A incaricarsi della ricostruzione della riflessione teorica di Judith Butler è Maria Giulia Bernardini, docente di filosofia del diritto all’Università di Ferrara.
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