
Colpire Teheran per zittire Gaza
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Lo ha detto l’esercito israeliano: “Gaza è un fronte secondario”. Tradotto: ciò che accade lì, compresi i 55.000 morti stimati e l’accusa di genocidio da parte di agenzie ONU, non merita più attenzione. La guerra è stata spostata dove fa comodo. Il governo Netanyahu ha scelto il nemico più spendibile — l’Iran — per ripulire la propria immagine, ricompattare l’opinione pubblica interna, bloccare le pressioni per un cessate il fuoco. E il mondo, obbediente, ha cambiato canale.
Gli analisti lo chiamano “diversione strategica”. Un’operazione militare pianificata non solo per colpire, ma per distrarre. Per spegnere Gaza senza spegnere le bombe. Per deviare la condanna internazionale su un nuovo scenario e riscrivere il racconto della guerra. Netanyahu, processato per corruzione e in crollo nei sondaggi, ha bisogno del caos per restare in piedi. E il caos adesso parla persiano.
Nel frattempo a Gaza si muore senza testimoni. L’internet è spento, i droni continuano a colpire, i soccorsi non entrano. È la guerra nel buio, mentre fuori la luce delle telecamere illumina altri orrori. Tutti scelti, mai casuali.
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